L’Enneagramma e i colori della vita
di Loredana Bramanti, allieva del corso di formazione di counseling professionale di Collage
Chi ha detto che si dipinge con i colori? Si usano i colori ma si dipinge con le emozioni.
Jean-Baptiste-Siméon Chardin (1699-1779)
Ricordo benissimo quella sera d’inverno quando, uscita dal corso di formazione in counseling dopo aver partecipato all’incontro sull’Enneagramma, scendevo di fretta i gradini della metro in preda a una confusione e a un senso di inadeguatezza che non mi permettevano di viaggiare tranquilla.
Avevo conosciuto nove strani personaggi con dei gran caratteracci e, mi dicevo, avrei dovuto prenderci confidenza, farmeli amici, scoprire le loro caratteristiche positive, ricordarmi a quale personalità andava attribuito ogni numero e infine avvicinarmi a quel Quattro che continuava a “guardarmi” con insistenza.
Una volta a casa, per fare più chiarezza ho sentito l’esigenza di incorniciare quei tipi, di appenderli a una parete immaginaria, grosse cornici ben definite intorno a tele appena sporcate da qualche schizzo in bianco e nero.
Quasi un facile gioco del tipo “di che segno sei?”. Tutto in fretta, orgogliosa di poter avere quanto prima la capacità di andare in giro ad attribuire numeri e con la presunzione di dare pennellate particolari a quelle mie tele che erano lì in attesa.
I diversi enneatipi si sono presentati subito con le loro abitudini negative, forse perché più facili da individuare; ma io, tra le righe, incominciavo a cogliere un messaggio più sottile, un messaggio di amorevole aiuto, indispensabile per le persone che come me sono in cammino.
Quell’atmosfera così spirituale mi ha subito coinvolta e ho percepito quanto tutti noi, chi più chi meno e in modalità diverse, desideriamo amare ed essere amati, che sia da un nostro simile, la natura o un dio.
Io stessa ho sempre avuto bisogno di riempire quel vuoto lasciato dalle esperienze difficili e dal mio vissuto e ho cominciato a capire che per instaurare relazioni sane devo rendermi conto di quanto siano diverse le visioni del mondo degli altri, che nessuno è meglio o peggio, che tutti possiamo sfruttare le nostre potenzialità per evolvere e “cercare forme più elevate di coscienza al di là del nostro sé personale”.
L’Enneagramma mi stava accompagnando a conoscere il mio tipo e quello degli altri, così da aver ben presente quali sono gli aspetti grazie ai quali potrei relazionarmi con gli altri con facilità e quelli in cui dovrei metterci più impegno, quali sono le lenti con cui percepisco la mia realtà, le maschere o le corazze che tutti dovremmo guardare in modo distaccato per poter poi scoprire, al di là, la vera essenza.
Dopo essermi riconosciuta in quella giovane Uno così bisognosa di controllo e con un gran senso del dovere, sono stata parecchio nella tela del Due lasciandoci un po’ delle mie tinte, tante pennellate dai colori pastello per il bisogno di dare e di ricevere, l’orgoglio di saper donare e di ascoltare con il semplice desiderio di far star bene gli altri, coloro che ho imparato però, con il tempo, a considerare per il loro vero valore. Poi, nel Sei con i miei dubbi e le mie paure, spesso così diversi dalla realtà, pennellate a forma di spirale dai colori deboli, grigi ed evanescenti e ancora nel Nove così arrendevole, alla continua ricerca di pace e di armonia.
Ho “guardato” poi con consapevolezza l‘invidia, di quel colore così tetro che mi sembrava occupasse tutto, e in lei ho riconosciuto quel continuo senso di mancanza, di insoddisfazione, quel mio sguardo rivolto verso ciò che hanno gli altri e alle mie necessità. Quell’atteggiamento malinconico che sin da bambina mettevo in atto per essere vista e che, per troppo tempo nella mia vita, ha attivato meccanismi negativi tali da caratterizzarmi sotto molti aspetti, facendomi sentire sbagliata e inadeguata. Più facevo mie le parole della Palmer, più mi sentivo pronta ad abbandonare la vergogna e incominciavo ad ammettere e a ri-conoscere parecchi miei modi di agire.
Iniziavo a percepire con sollievo una linea sottile che metteva in evidenza i miei primi traguardi e così, consapevole del percorso e del lavoro che continuo a voler fare su me stessa, mi sono sentita alleggerita e amica del mio “troppo sentire”, serena del mio voler stare nelle emozioni sempre più con equilibrio, un po’ appagata dall’amore per ciò che ho e dalla creatività che mi accompagna da sempre.Schiarivo piano piano la mia tela: come un artista tra le nuvole, iniziavo a pennellare forme romantiche di ogni tipo, lasciando ben intravedere comunque, con consapevolezza, quelle parti più intense e più scure di me. Cominciava a prendere forma un dipinto che rappresenta un po’ quel dualismo caratteristico della mia emotività.
Poi mi sono alzata e mi sono accorta che le cornici erano sparite, le tele sempre più vicine, altre addirittura un po’ sovrapposte, quasi un dipinto unico. Un murale in cui ogni tipo, con il suo sottotipo, le sue ali, i suoi collegamenti e tutte quelle sfaccettature che lo rendono unico, vaga per trovare il proprio posto, soffre per cercare di toccare piano piano la sua vera essenza, ma poi così rinasce, tra le nove punte di un bellissimo dise
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