Counseling, scelte e responsabilità
Salire su un certo treno o non salirci fa la differenza, e infatti “perdere il treno” è un modo per dire che si è persa una occasione, forse per sempre. Ma perdere il treno è solo un caso, un gioco del destino, un evento sfortunato… o ha a che fare con le nostre scelte, consapevoli o meno che siano?
Se piccole variazioni nelle condizioni iniziali possono produrre grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema, come ci insegnano l’effetto farfalla e la teoria del caos, è pur vero che spesso fatti minimi hanno una grande influenza sul corso degli eventi nella NOSTRA vita. Che infatti è costellata di fatti minimi… come appunto salire in corsa su un treno della metropolitana oppure non riuscirci e dover aspettare il treno successivo. Solo che, a differenza di Helen – o meglio, degli spettatori del film – noi non sappiamo (e non sapremo mai) che cosa abbiamo perso o guadagnato in un caso o nell’altro.
Quello che possiamo fare, allora, è interrogarci sul “pezzo” che ci mettiamo noi: ovvero sulla nostra capacità di scegliere. In che misura riusciamo a indirizzare gli eventi in una certa direzione? Quanto siamo capaci di assumerci la responsabilità di quello che ci accade, invece di imputarlo al caso (o al caos)? E quando qualcosa va storto, riusciamo a vedere la nostra parte o siamo subito pronti a colpevolizzare l’altro, gli altri, l’esistenza in generale?
Rispondere con onestà a queste domande non è banale né facile. Anzi, è il tema di una vita. E richiede di mettersi davvero in gioco. Possibilmente non da soli, perché, come si diceva da bambini quando uno dei partecipanti a un gioco infrangeva le regole, da soli non vale.
Lavorare su di sé richiede di essere accompagnati da qualcuno, che aggiungendo uno sguardo esterno – non coinvolto, distaccato eppure empatico, competente – ci aiuti a vedere quello che da soli non vediamo. Che ci aiuti a immaginare che cosa potrebbe accadere se perdessimo il treno, se invece di salire su un vagone salissimo su un altro. Se invece di incontrare Tizio incappassimo in Caio… e così via.
Il counselor è l’accompagnatore giusto per aiutarci a fare chiarezza quando siamo confusi, per permetterci di valutare diverse alternative quando vediamo sempre e solo un’unica strada davanti a noi. Ci consente di non perderci nella complessità degli intrecci, ci fa luce sulla varietà delle soluzioni, ci sostiene di fronte alle infinite possibilità che l’esistenza ci offre.
Nel setting protetto del suo studio, il counselor ci invita ad aprirci al nuovo, al cambiamento, all’evoluzione. Ad aprire finestre e porte sul presente e sul futuro, invece di restare chiusi nelle nostre evidenze e ancorati ai nostri attaccamenti. Ci permette di rischiare, perché con lui possiamo farlo senza timore, giocando con le ipotesi, con le metafore, con l’immaginazione, con i role playing… liberi sempre e comunque di tornare alle nostre certezze se non siamo pronti a fare un salto.
Il counselor sa fino a che punto può prenderci per mano e guidarci lungo un sentiero, e quando fermarsi e tornare indietro perché quel sentiero non ci piace o non lo sentiamo abbastanza sicuro. Perché la meta è la nostra, non la sua. A lui spetta il compito di portarci là, alla meta, nelle condizioni migliori, offrendoci uno sguardo in più sul contesto, sul panorama, sugli scenari che ci circondano. Ma siamo sempre noi a scegliere dove andare.
Il counseling è una relazione d’aiuto mirata a rinforzare capacità di scelta o di cambiamento: e tutte le volte che incontriamo una difficoltà nella nostra vita, che sia dovuta a una crisi di tipo relazionale, in ambito privato o professionale, o a un passaggio esistenziale che ci crea disagio, abbiamo fondamentalmente bisogno di esser accompagnati ad affrontare il nuovo. Anche quando non lo sappiamo, anche quando non lo vediamo, anche quando non lo vogliamo. Anzi, soprattutto in questi casi.
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